LE INTOLLERANZE ALIMENTARI

15.07.2013 00:00

Affaticamento, irritabilità, mal di testa, svogliatezza cronica, ansia o depressione: tutti questi disturbi, e altri ancora, possono essere causati da una intolleranza alimentare, ossia una reazione del vostro cervello al cibo che mangiate.

L'intolleranza alimentare influisce praticamente su tutti, sia che ne soffriamo personalmente, sia che siamo vicini a qualcuno che ne sta soffrendo. Colpisce milioni di persone che non sanno a che cosa attribuire la loro debolezza, irritabilità o stanchezza, così come coloro che. lamentandosi con il proprio medico perchè non si sentono perfettamente a posto, si sono sentiti rispondere: ; il medico stava dicendo almeno in parte la verità: i problemi sono nella testa; ma sono problemi fisici, non emotivi o psicologici e le soluzioni possono essere trovate in modo molto semplice che non sottoponendosi ad anni di terapie, tranquillanti, cure ricostituenti o vacanze.

L'intolleranza alimentare, o sensibilità cerebrale, infatti, può essere diagnosticata e trattata.

I sintomi della sensibilità cerebrale possono andare da lievi e appena percettibili irritazioni ad acute forme di psicosi; da piccoli disagi, come occasionale svogliatezza o lieve insonnia, a reazioni lievi come mal di testa, irritabilità o irrequietezza a disturbi più gravi come ansia, depressione, eccessi di violenza, emicranie o difetti di memoria, e giungere a problemi chiaramente psicotici come allucinazioni o catatonia.

Possono essere problemi emotivi o fisici, e coinvolgere praticamente qualsiasi parte del cervello. La sensibilità cerebrale è spesso causata da cibi, ma può anche essere originata da sostanze inalate e da prodotti chimici. Gli alimenti più comunemente sospettati sono quelli assunti più di frequente, vale a dire, latte, frumento, granoturco e i loro derivati.

In ognuna di queste situazioni la reazione alla sostanza tossica è limitata a una singola parte del corpo: una reazione allergica che causa asma non colpisce la pelle o i seni nasali; un attacco di febbre da fieno non interessa i polmoni o la pelle; le fragole possono causare orticaria in qualcuno, ma senza coinvolgere i seni nasali o i polmoni.

E' chiaro, quindi, che il corpo risponde selettivamente, cioè con un solo organo o sistema, a sostanze allergeniche o sensibilizzanti e che ogni sostanza tende ad agire sempre sulla medesima parte del corpo.

L'esperienza clinica ha dimostrato che non sono coinvolti solo la pelle, i polmoni o i seni nasali, ma che può essere colpita qualsiasi parte del corpo, incluso il sistema nervoso. Esistono casi di sensibilità nei quali le ginocchia e le articolazioni mostrano sintomi simili all'artrite, altri in cui sono colpiti i reni, con un improvviso aumento di peso da ritenzione di liquidi, altri ancora in cui sono colpite le corde vocali, provocando raucedine.

La sensibilità cerebrale è un incrocio tra un'allergia e un'assuefazione. I suoi sintomi possono aggravarsi mangiando un determinato cibo (componente allergica), ma possono apparire sintomi anche peggiori quando quel cibo non viene ingerito (componente da crisi di astinenza) e, come succede con l'alcol, la crisi di astinenza può essere alleviata da una ingestione del cibo (componente assuefativa). Molte persone si sorprendono di essere sensibili ad alimenti come caffè, zucchero o latte e insistono che i risultati dei test devono essere sbagliati, perchè spesso l'alimento in questione è l'unico e il solo che usano per dare sollievo ai peggiori disturbi.

Una delle procedure per scoprire le sensibilità ai cibi consiste in un periodo di digiuno, seguito dalla reintroduzione di un cibo alla volta (dieta-test).

La logica è semplice: i sintomi causati dalla sensibilità a un determinato cibo si presentano quando esso viene assunto regolarmente, scompaiono quando viene eliminato e riappaiono in forma accentuata se si assume lo stesso cibo pochi giorni dopo. Questo è il primo metodo usato per diagnosticare le sensibilità ai cibi, è il più accurato e il più attendibile e serve come controllo per verificare l'attendibilità di altri metodi.

Il digiuno non reca danno all'organismo, piuttosto, di solito ha effetti rivitalizzanti; l'uomo infatti può vivere per un lungo periodo di tempo senza cibo, persino se si sottopone durante il digiuno a uno sforzo fisico.

Dopo pochi giorni dal diguino l'organismo comincia a vivere delle proprio riserve, ma non usa i propri tessuti in modo indiscriminato: al contrario, comincia a decomporre e a consumare le cellule e i tessuti che sono già malati, danneggiati, vecchi o morti.

Gli organi emuntori (polmoni, fegato, reni e pelle) durante il digiuno possono disintossicare il corpo con maggiore efficienza, poichè non devono occuparsi dell'afflusso di nuove sostenze tossiche. Inoltre, i vari sistemi dell'organismo sono in grado di riposarsi dal costante processo di digestione e assimilazione di nuovi cibi.

Il digiuno è controindicato per le persone gravemente deperite o sottonutrite, per le malattie quali tubercolosi avanzata, tumori maligni, diabete avanzato e malattie che portano a consumazione. Inoltre non dovrebbero digiunare le donne in stato di gravidanza, quelle che hanno appena partorito, particolarmente se stanno allattando, e i bambini, che hanno bisogno di nutrimento costante per la crescita. 

Le persone anziane di solito affrontano lunghi digiuni senza alcun problema, ma generalmente è consigliabile sottoporsi al digiuno solo dopo un completo check-up fisico.

 

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