PREVENZIONE ALIMENTARE DEI TUMORI

07.10.2013 00:00

E’ assodato che circa un terzo delle morti per cancro è riferibile all’alimentazione.

Anche se in alcuni casi è ancora possibile offrire una spiegazione precisa delle relazioni tra cibo e cancro, le principali autorità mondiali sono concordi nell’indicare alcune regole alimentari per proteggersi dal cancro.

Su Annals of Oncology, un gruppo di ricerca, guidato da Fabio Levi dell’Università di Losanna e da Carlo La Vecchia del Mario Negri di Milano, ha dimostrato una relazione diretta tra consumo di insaccati e alcuni tipi di tumore: della bocca, della faringe, della laringe, dell’esofago e del colon. Interessante è anche la classifica di pericolosità dei diversi tipi di insaccati: i salami e le salsicce sono risultati più pericolosi del prosciutto.

Lo stesso gruppo di ricerca, nel 2000, ha pubblicato su International Journal of Cancer uno studio caso-controllo di ben più ampie dimensioni, realizzato nel Nord Italia, riguardo al rischio tumorale connesso al consumo di carne rossa. I ricercatori hanno studiato circa novemila persone affette da tumore e circa ottomila controlli.

Le conclusioni sono state che il gruppo che consumava carne rossa tutti i giorni, paragonato al gruppo che ne consumava al massimo tre volte a settimana, aveva un aumento significativo del rischio di tumore dello stomaco, del colon, del retto, del pancreas, della vescica; anche l’ovaio e il seno erano statisticamente significativi se pur in modo più lieve.

Sul cancro al seno, il dato più rilevante viene da un ampio lavoro pubblicato nel marzo del 2003 su Journal of the National Institute of Cancer da un autorevole gruppo della Harvard Medical School, che documenta una relazione diretta tra bassi livelli di acido folico e di vitamina B6 e aumento del cancro al seno sia in pre che in post-menopausa. Gli autori hanno anche documentato una relazione tra bassi livelli di vitamina B12 e cancro al seno nelle donne in età fertile.

Infine, c’è da segnalare un filone di ricerche che prendono in esame l’indice glicemico e il carico glicemico complessivo dell’alimentazione. Studi, anche italiani, del Centro di Aviano e del Mario Negri di Milano dimostrano una relazione tra indice glicemico e carico glicemico e cancro all’ovaio e apparato gastrointestinale. L’imputato è il fattore di crescita insulino simile IGF-1 e le proteine che lo legano, chiamate in sigla IGFBP. Anche da questo versante di ricerca abbiamo la conferma che un eccesso di calorie e proteine e grassi animali promuove il cancro tramite i fattori di crescita della famiglia IGF.

 

INQUINAMENTO AMBIENTALE

Anche l’inquinamento dell’aria è causa di cancro (al polmone). Gli imputati numero uno del cancro sono le particelle sottili e ultrasottili presenti nell’aria che sono in grado di alterare il genoma dei linfociti.

 

IL CADMIO, UN CANCEROGENO AMPIAMENTE DIFFUSO

L’intossicazione da cadmio produce una perdita di minerali dall’osso con osteoporosi e degenerazione ossea (osteomalacia), oltre che un’atrofia dei reni. 

L’azione tossica del metallo pesante è da attribuire alla sua capacità di interferire, nel rene, con il metabolismo della vitamina D, essenziale alla fissazione del calcio nell’osso.

E’ stato dimostrato che una singola dose di cadmio induce una proliferazione cellulare della ghiandola mammaria, causando un aumento della densità epiteliale simile a quella causata da altri potenti promotori della proliferazione cellulare (mitogeni) come gli estrogeni. La dose in questione è simile alla dose massima raccomandata  dalla Organizzazione Mondiale della Sanità per quanto riguarda la salute umana, che è 1 microgrammo di cadmio al giorno per chilo di peso corporeo.

Il cibo e il fumo di sigaretta sono le principali strade attraverso cui il Cadmio inquina il nostro corpo.

La concentrazione di cadmio nel suolo può aumentare notevolmente se il terreno è vicino a una fabbrica che utilizza il metallo, per esempio per produrre batterie, ma anche se un terreno agricolo viene irrorato con acque di scolo e concimato con fertilizzanti ad elevata concentrazione di fosfati, che contengono anche buone quantità di cadmio. Inoltre, occorre considerare che il veleno può depositarsi al suolo dall’aria inquinata.

Un terreno con elevate concentrazioni di cadmio produrrà piante con elevata concentrazione del metallo, le quali, a loro volta, trasferiranno il tossico agli animale che si nutrono di vegetali. Il metallo pesante arriva quindi nel corpo umano quando mangiamo vegetali e cereali, riso soprattutto, carne e pesce, cozze, vongole e crostacei soprattutto.

Infine, chi fuma un pacchetto al giorno di sigarette raddoppia il suo introito giornaliero di cadmio: la pianta del tabacco, infatti, è capace di concentrare elevati livelli del tossico, che, fumando, viene poi ceduto ai polmoni, di qui l sangue e infine depositato negli organi, reni soprattutto, dove può rimanere per molti anni.

 

IL CAOS ORMONALE

E’ certo ormai che numerose sostanze chimiche, anche molto diverse tra loro per proprietà chimiche e tossicologiche specifiche, possono agire come distruttori endocranici, pur se presenti ciascuna in quantità anche molto inferiori a quelle che la tossicologia “classica” tradizionalmente considera rischiose per la salute. Queste sostanze, oggi diffusamente presenti nell’ambiente, ci raggiungono soprattutto attraverso la catena alimentare e tendono ad accumularsi nell’organismo, concentrandosi nei tessuti e fluidi ricchi di grasso (tessuto adiposo e latte materno, ad esempio). Un aspetto di particolare importanza è rappresentato dal fatto che il maggior rischio si configura per l’organismo in via di formazione durante la gravidanza. In questa iniziale fase della vita, infatti, alcuni ormoni materni promuovono e regolano lo sviluppo e l’attività dei sistemi nervoso centrale, immunitario e riproduttivo del feto in un’armonica e molto complessa interconnessione funzionale. I distruttori endocrinici possono interferire proprio con il funzionamento di quegli ormoni materni e porre pertanto le premesse per alterazioni che saranno evidenti alcune alla nascita (come ad esempio certe malformazioni anatomiche dell’apparato riproduttivo), altre nelle età successive (come ad esempio disturbi immunitari, deficit cognitivi e dell’attenzione nel bambino e nell’adolescente e riduzione della fertilità soprattutto maschile nell’adulto).

 

COME DIFENDERCI

E’ opportuno che ciascuno di noi contribuisca ad abbattere il rischio che queste poco amichevoli sostanze rappresentano.

I sistemi ci sono, sono molto efficaci e si chiamano consapevolezza e stile di vita, che significano essere correttamente informati e operare scelte opportune.

Le sostanze attive sui sistemi ormonali sono un po’ dovunque: additivi di plastiche (si pensi agli ftalati rilasciati da alcune pellicole per alimenti e da altri prodotti in PVC morbido come certi giocattoli e che sono stati finalmente messi fuori legge da una recente normativa), vernici e resine, detergenti, alcuni cosmetici e pesticidi. Si tratta di prodotti molto diffusi che concorrono a determinare una sorta di “inquinamento ormonale” che inizia con la produzione industriale e si mantiene e accresce con l’utilizzo in quantità eccessive e con lo smaltimento spesso incontrollato.

In aggiunta, il cibo può contenere additivi, residui di pesticidi, di farmaci usati nelle fattorie di produzione, di inquinanti ambientali (come piombo e arsenico), di sostanze tossiche prodotte dalla cottura, di contaminanti microbici e, infine, di sostanze intenzionalmente introdotte (per esempio lo iodio nel sale).

Sta al buon senso di ciascuno operare scelte, ora consapevoli, che siano compatibili e in equilibrio con le giuste esigenze di disponibilità di prodotti utili per la vita quotidiana e le esigenze di chi sta per nascere e non può scegliere.

 

 

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