DDAI o ADHD - Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività

06.07.2014 17:52

Il DDAI, Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (Attention Deficit Hyperactivity Disorder, ADHD) è un disturbo con un andamento quasi epidemico, visto che di anno in anno aumenta il numero di bambini che ricevono questa etichetta e vengono dichiarati bisognosi di trattamento. Attualmente un bambino ogni venti è considerato “iperattivo”. Vale a dire che il suo comportamento in particolare a scuola, si discosta da quello degli altri perché non riesce a stare seduto, è impulsivo e non si attiene alle regole della classe, chiacchiera, disturba la lezione, oppure sembra distratto, come se fosse assorto nei propri pensieri, e non manifesta il minimo interesse. Anche a casa questi bambini sono difficili da contenere. Hanno una resistenza assai limitata nel gioco, non riescono a concentrarsi sui compiti, si trascinano qua e là, non ubbidiscono e per questo sono sottoposti a critiche, rimproveri e non dirado a sfoghi di rabbia da parte dei genitori. Con gravi conseguenze sulla loro autostima, perché si convincono di non essere come gli altri, di essere ingestibili.

I bambini si trovano così doppiamente svantaggiati: da un lato sono emarginati nel loro ambiente a causa della loro inquietudine. Sono “impossibili”, “insopportabili” e rappresentano un peso per genitori e insegnanti, come naturalmente si rendono conto essi stessi.

Dall’altro soffrono per il caos che regna nella loro testa e per le loro reazioni impulsive contrastanti, che non sono in grado di gestire. In realtà spesso si tratta di soggetti molto dotati (per esempio per la matematica), affettuosi, generosi, intelligenti, ma ostacolati proprio dalla loro totale mancanza di autodisciplina.

Attualmente medici e biologi si occupano di dei due seguenti interrogativi fondamentali.

  • Primo: quali sono le cause di questo disturbo? E’ possibile prevenirlo?
  • Secondo: qual è il modo migliore per aiutare i bambini, e i loro genitori?

Non è possibile che il numero dei bambini apparentemente colpiti da DDAI sia centuplicato rispetto a vent’anni fa se, come viene sostenuto, il disturbo è causato esclusivamente da fattori genetici. Deve esserci anche un collegamento con l’ambiente e le condizioni di vita dei bambini di oggi, che evidentemente hanno un ruolo decisivo per lo sviluppo cerebrale. Se così fosse, allora forse sarebbe possibile trovare il modo di individuare per tempo i bambini a rischio, e risparmiare loro questo destino.

I bambini che manifestano fin dalla tenera età una certa inquietudine unita a iperattività e disturbi del sonno dovrebbero essere tenuti lontani da situazioni frenetiche e da stimoli eccessivi. Essi hanno bisogno prima di tutto di una routine quotidiana il più regolare possibile, di serenità interiore (come tutti i bambini, del resto) e di molte occasioni per sfogarsi fisicamente. I genitori dovrebbero affrontare le loro violente reazioni oppositive e gli improvvisi sbalzi d’umore con la massima tranquillità e serenità (so che a parole è molto facile dirlo…). Televisione e videogiochi sono estremamente deleteri. Questi soggetti spesso provano piacere per la musica e/o il ballo. Inoltre i genitori dovrebbero rivolgersi fin da subito al pediatra di fiducia e a un terapeuta comportamentale esperto di DDAI per avere l’adeguato sostegno.

Non tutti hanno la fortuna di entrare al momento giusto in un ambiente strutturato e ricco di stimoli, che li aiuta a tenere sotto controllo la loro travolgente impulsività.

La scienza concorda nell’affermare che i geni contribuiscono una sorta di cornice per lo sviluppo cerebrale di un bambino. Le condizioni di vita della primissima infanzia tuttavia influiscono in maniera decisiva su tale sviluppo e pongono le premesse per i futuri modelli comportamentali. Per questo le misure preventive applicate per tempo anche in presenza di una tendenza al DDAI spesso favoriscono uno sviluppo cerebrale pressoché normale.

Ecco dunque alcuni suggerimenti:

  • I bambini affetti da DDAI dovrebbero essere curati soltanto da medici specializzati sia in neurologia sia in psichiatria e psicoterapia. E’ molto importante, perché la diagnosi non è semplice, e più di un terzo dei bambini che presentano irrequietezza e difficoltà di concentrazione non sono affatto colpiti da DDAI. In realtà soffrono di altre patologie, quali disturbi della tiroide, depressione o fobie. Cercate pertanto un consulente medico che abbia una comprovata esperienza di bambini con DDAI.
  • Cercate qualcuno che ritenga ovvio cominciare con una terapia comportamentale – che coinvolga anche i genitori e l’ambiente del bambino all’asilo o alla scuola elementare.
  • Cercate di creare intorno al bambino un ambiente che consenta al suo cervello di acquisire e distinguere gli stimoli esterni. Una suddivisione chiara della giornata, un approccio affettuoso ma rigoroso, obiettivi semplici e chiaramente raggiungibili. Niente televisione né videogiochi, che bombardano di stimoli i bambini, impedendone l’attività creativa e sottraendo loro il tempo necessario per imparare a gestire l’inquietudine interiore attraverso molteplici attività fisiche, come per esempio una regolare attività sportiva. Un impegno mirato e concentrato con il computer (per esempio come ausilio dello studio) può viceversa stimolare la concentrazione ed è consentito, a patto che non vi si dedichino troppe ore al giorno.

Lo scopo fondamentale: l’autostima

Un bambino con DDAI molto spesso è insicuro di sé. La sensazione “non valgo niente” e “tutti mi criticano” dev’essere sostituita pian piano dalla comprensione per la sua – momentanea – diversità. Questo può succedere se si individuano le sue doti, se si elogiano i suoi lati positivi, i suoi sforzi di essere meno impulsivo. E se gli si trasmette la sensazione di amarlo incondizionatamente e di stare sempre dalla sua parte. Lo sapevate che, tra l’altro, Wolfgang Amadeus Mozart e Albert Einstein soffrivano di DDAI? Bisogna ammettere che, dopotutto, ne hanno fatta di strada, non credete?

 

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